Candy Candy è un romanzo scritto dalla giapponese Keiko Nagita. Nessuno, a cose normali, dubiterebbe che esso sia una storia giapponese visto che la sua autrice lo è e le origini di questa storia vanno indietro nel tempo, alla metà degli anni 70 ed ancora prima, quando cioè il Giappone era diverso da quello di oggi e la giovane scrittrice Kyoko Mizuki, questo era lo pseudonimo che usava allora, partorì la sua storia, poi illustrata dalla altrettanto giovane artista Yumiko Igarashi, dando così vita all’omonimo manga.
E’ vero, Nagita ambientò la sua storia in occidente, tra gli USA e l’Europa, perché allora, come lei stessa ha rivelato in un’intervista a Parigi, in occasione della presentazione della versione in francese del suo romanzo, era quello che il pubblico femminile giapponese chiedeva: storie non ambientate in patria ma all’estero. Nagita aveva tratto ispirazione, come lei stessa afferma, da racconti occidentali come Pollyanna, la Piccola Principessa, Anna dei tetti verdi, ecc.
Intervista a Bulle-Shoujo, 19 marzo 2019:
“Keiko Nagita : Depuis très jeune j’avais envie d’écrire des romans pour jeunes filles, des romans que j’adorais tels que : Anne et la Maison aux Pignons Verts, Pollyanna ou Princesse Sarah. J’écrivais souvent dans mon coin et à 17 ans j’ai obtenu un prix dans une revue qui publiait ce genre de romans. Puis à 19 ans, j’ai pu faire mes débuts et j’ai eu ma première publication de roman pour jeunes filles.
Un éditeur de mangas a repéré mon premier roman publié et m’a proposé d’écrire un scénario de manga. A l’époque, dans les mangas japonais, il y avait beaucoup d’histoires qui se passaient à l’étranger et on pouvait écrire des histoires dans des univers dont on avait envie. Du coup, j’ai voulu faire la même chose. Donc j’ai écrit énormément de scénarios de mangas qui se passaient dans des pays où je n’étais jamais allée, tels que la Finlande, l’Allemagne, l’Italie et les Etats-Unis. Le pays qui est le plus apparu dans mes scénarios de mangas, c’est la France.”
Il fatto che teatro della vicenda siano paesi diversi dal suo non significa però che Nagita, che per sua stessa ammissione non aveva mai vissuto nei luoghi in cui aveva ambientato le sue storie, si fosse come per magia spogliata della propria cultura e delle proprie tradizioni al punto da scrivere un racconto totalmente ed unicamente occidentale, in cui nessun influsso orientale traspare ed in cui nessuna azione compiuta o caratteristiche comportamentali dei personaggi siano in alcun modo ricollegabili alla cultura del sol levante.
Ma un romanzo è sempre frutto dell’esperienza e del vissuto del proprio autore e Candy Candy non fa eccezione, non solo; il fatto stesso che sia stato scritto in giapponese, una lingua profondamente diversa da quelle in cui poi è stato tradotto per arrivare a noi, ossia: italiano, francese e spagnolo, è un aspetto molto importante, poiché quella giapponese è una lingua, così come una cultura, di alto contesto quindi, per la piena comprensione del messaggio, si necessita la conoscenza del contesto, del background, altrimenti si può fallire di comprenderla pienamente.
Le lingue che appartengono a culture ad alto contesto non sono mai dirette nell’esprimersi e ciò che il soggetto, in questo caso la scrittrice, vuole comunicare può essere sfuggente a coloro che di quella lingua così come di quella cultura non conoscono i codici perché possono non comprenderne tutte le sfumature. In parole povere colui che legge deve essere in grado di trarre dalla lettura sia ciò che è propriamente scritto che il messaggio sottinteso dalle parole.
Nel romanzo Candy Candy Final Story, di quanto detto ci rendiamo presto conto tutte le volte in cui incontriamo lettori e lettrici che negano l’intenzione di Nagita di raccontare l’amore di Candy ed Albert. Candy dice di amare Anthony e dice anche di amare Terry e lo dice “all’occidentale”, ma non lo afferma mai in modo esplicito rispetto ad Albert. Ergo, secondo alcuni, Candy ed Albert non si amano.
Ma siamo sicuri che per Albert, Candy non provi qualcosa di altrettanto se non più profondo di ciò che ha provato per gli altri due innamorati? Cosa fa Nagita per dirci che Candy ama Albert? Come ce lo dice? Siamo sicuri che non averlo detto in modo plateale basti a negare questo sentimento?
1. Amore e gratitutidine
Premesso che al ti amo, detto in modo diretto, i giapponesi preferiscono far comprendere i propri sentimenti all’interessato girando attorno alla questione, amore in giapponese è comunque esprimibile in modi diversi perché ogni parola racchiude in sé il senso profondo di quello che significa.
Se Suki è il “mi piaci” e Koi è l’innamoramento con le connotazioni dell’eros, Ai è l’amore completo e maturo, ma con delle sfumature che permettono, “in base al contesto”, di poter capire se quell’Ai presuppone amore (famiglia) o l’amore di coppia. Come possiamo esprimere tutto questo con una parola sola “amore, love, amour“ quando la situazione è tanto più complessa e variegata?
E’ in relazione all’amore e gratitudine di cui all’ultima lettera di Candy ad Albert, in FS, che vorrei soffermarmi per dimostrare che proprio rispetto alla storia di questi due personaggi, Nagita ha dato il massimo del proprio essere giapponese e che mentre si cercava in mille modi, durante la conferenza stampa a Parigi, di farle ammettere che non c’è alcun senso profondo in quelle parole con cui Candy chiude la lettera, nulla che rimandi a sentimenti romantici, perché quella è un’espressione squisitamente “occidentale”, di fatto ci troviamo proprio all’opposto, perché è proprio lì, in conclusione della corrispondenza tra loro, che viene definita l’evoluzione del rapporto tra Candy ed Albert, i due veri ed assoluti protagonisti della vicenda, che non solo ruota attorno a loro ma che racconta principalmente proprio come il loro rapporto sia cambiato dal loro primo incontro fino ad arrivare a quella lettera che si chiude così.
“Con amore” dice Candy, ma di che amore stiamo parlando? Ma di Ai, naturalmente! Se Candy nell’originale usa quella espressione, un’espressione forte che raramente viene usata, e lo fa per definire cosa prova nei confronti di William Albert, non è cosa da poco, perché ci conferma che il loro rapporto, un tempo solo di solida amicizia, certo, è però avanzato e si è trasformato in qualcosa di profondamente diverso, ma non solo; Candy non parla solo d’amore ma anche di gratitudine. Inspiegabilmente, per qualcuno, la gratitudine metterebbe un segno meno alla parola amore, quindi se Candy prova gratitudine per Albert significa che non lo può amare come una donna ama un uomo, ma come una devota figlia adottiva o sorella minore o come oggetto della sua benevolenza. Chi pensa questo però ragiona in modo sbagliato sia in occidente che in oriente, perché gratitudine è piuttosto un valore aggiunto e lo è tanto più proprio perché stiamo parlando di un romanzo giapponese. Perché? Perché in Giappone dove raramente si parla d’amore in modo esplicito, in molti casi si usa il concetto di gratitudine per dire ti amo. Molto spesso in quella cultura le persone preferiscono esprimere la loro gratitudine verso la persona che amano, con cui dividono la vita, invece che parole d’affetto. Ecco perché in giapponese, dire di essere grati è visto come un modo per dire che amiamo. Quindi, poiché in questo caso Candy usa entrambe le parole “amore e gratitudine”, in pratica dice di amare Albert due volte o meglio, gli dice di amarlo molto ed è come se chiudesse la sua lettera così : “Con tutto il mio amore”.*
I termini “Amore (Ai) e Gratitudine” esprimono concetti altamente considerati nella società giapponese. Kokoro to Kansha wo Komeru, significa “aggiungo ai miei sentimenti anche la gratitudine”; la gratitudine aggiunge quindi, non toglie, importanza a ciò che si prova per l’altro, “Ai to Kansha”. E la lettera di Candy ad Albert così emotiva e sentita, rappresenta l’equivalente di ciò che lei gli direbbe di persona.
Bisogna quindi ricordare sempre, leggendo una storia come questa, che nel linguaggio vi sono sfumature che se non colte non permettono una comprensione piena e non mi riferisco solo della bravura del traduttore nel saperle esprimere in una lingua completamente diversa ma anche al lettore, cui si richiede di leggere con mente aperta, in modo da non perdere la ricchezza del racconto solo perché ciò che l’autore intende dire, non lo dice con le modalità che noi occidentali siamo abituati a trovare nei nostri romanzi.
2. Le caratteristiche dei personaggi
Pensiamo ora alle caratteristiche dei personaggi, per esempio Terence, ossia colui che potremmo definire un po’ il bad boy della vicenda, il bello e dannato dai capelli lunghi che tanto piace alle donne ma che in realtà rappresenta un archetipo non solo della narrativa occidentale ma anche di quella giapponese ed effettivamente, Terry, sembra rifarsi per molti versi, al personaggio del samurai fuorilegge dai capelli lunghi che divenne un Ronin solitario dopo essere stato scacciato, disconosciuto, dal suo padrone e quindi decide di fuggire proseguendo la propria vita da lupo solitario, divenendo per questo motivo il Bad Boy Giapponese per antonomasia.
Ma Terry è giapponese fino al midollo proprio nel momento cruciale della sua parabola narrativa quando cioè compie il grande sacrificio in nome dell’onore e per un debito di riconoscenza che sente di avere nei confronti di Susanna che lo ha salvato.
Questa parte della storia, mai accettata in occidente, è invece stata perfettamente compresa ed accettata del pubblico giapponese, (una vicenda analoga la ritroviamo anche in un altro manga giapponese Lady Georgie) a dimostrazione che il pubblico cui era originariamente destinata la storia, ha riconosciuto il sacrificio di Terence ed anche quello corrispondente di Candy, come parte di un ordine naturale, fatto di tradizioni e regole non scritte, ma che esistono in quel paese ad indicare come è appunto naturale comportarsi di fronte a certe scelte che la vita ti può mettere davanti.
Del resto anche la scelta di Albert di abbracciare il ruolo di capofamiglia e di rinunciare così alla libertà e al desiderio di viaggiare che gli è proprio è profondamente collegato al senso del dovere e del sacrificio che insegna a mettere sempre se stesso al servizio degli altri e che è tipico della cultura nipponica.
Rientra in questo discorso anche il sacrificio di Stair che spontaneamente si arruola pensando di salvare il prossimo riportando la pace, e come un kamikaze si immola, morendo per una causa superiore che ha abbracciato completamente.
3. Il tema della gentilezza (yasashii)
Un altro tema molto importante che troviamo in questa storia è quello della gentilezza. La voce gentile (yasashii) del lui di Candy, e del Principe della Collina; l’amore gentile, cui Nagita allude quando parla, in una vecchia intervista, dei tre amori pensati per Candy. Ecco, a tal proposito, non si può non notare la differenza tra le aspettative del pubblico femminile, per esempio italiano, a paragone con quelle del pubblico giapponese.
Nell’altro manga già nominato, Lady Georgie, abbiamo, analogamente a Candy Candy, la tripartizione dell’amore come esperienza della protagonista rispetto ad esso e quindi tre personaggi maschili che incarnano l’evoluzione di questo sentimento: l’amore effimero (Suki) di Georgie per Lowell che in Candy è rappresentato da Anthony, l’amore passionale (Koi) per Abel, Terence in Candy Candy e l’amore del destino, quello gentile, (Ai) per Arthur e che per Candy è Albert.
Come si intuisce, siamo davanti ad una struttura che si ripete. Ebbene, per i giapponesi, evidentemente, è quello gentile l’amore definitivo perché è questo sentimento che è giudicato il più importante. Molto probabilmente quindi, là dove il pubblico italiano avrebbe scelto la passione come caratteristica da cercare in un uomo, la grande parte del pubblico femminile giapponese davanti ad una scelta di questo tipo avrebbe preferito la gentilezza. Ecco perché Nagita decide di dare questa qualità al compagno predestinato di Candy.
Ma non inganniamoci, se l’amore di un uomo gentile viene giudicato insufficiente e non gratificante, non appagante quanto sarebbe quello dell’ uomo passionale, del macho, è solo perché di nuovo si commette l’errore grossolano di confondere gentilezza con debolezza ossia “yoway” debole, che nulla ha a che vedere con il concetto giapponese di (yasashisha) qualità della persona tanto apprezzata invece in Giappone. In verità yasashisha ossia gentilezza, è una qualità vincente ed è l’espressione più nobile ed alta della forza, contemplata persino nel Bushido (la Via del Guerriero).
4. La morte nella storia di Candy
Un altro aspetto da tenere in considerazione per comprendere come conoscendo la cultura di appartenenza di un autore e del suo romanzo, possa aprirci la mente alla comprensione di ciò che stiamo leggendo, in modo da non esprimere giudizi errati poiché basati su schemi mentali diversi da quelli rappresentati nell’opera, è per esempio il tema del tentativo di suicidio, presente nella storia di Candy ben due volte.
Questi momenti molto forti nella vicenda, soprattutto quello che coinvolge Susanna Marlowe perché legato alla storia d’amore tra Candy e Terence è stato vissuto molto male dai fans occidentali, alcuni sono arrivati a credere che Susanna stesse bluffando per impietosire. In realtà, attenzione ai giudizi che si danno perché il suicidio, nella cultura giapponese, pur essendo visto come gesto terribile ed estremo è al tempo stesso una morte onorevole e un modo di affrontare onorevolmente una grande disperazione, un dolore per il quale non sembra esservi alcuna via d’uscita. E’ parte della psicologia e della cultura di quel popolo. Alla luce di questo capiamo che in Susanna non può esserci né vergogna né tantomeno finzione, è una cosa molto serie ed è la disperazione a portarla a quel tentativo così come succede con Patty, in seguito alla morte di Stair. E forse, il modo diverso di giudicare il suicidio, in Giappone, spiega perché sia stato trattato in una storia i cui destinatari originari erano bambine e preadolescenti.
Nessuno può negare, perché mai lo si era visto prima, in una storia scritta per ragazzi, che Nagita abbia introdotto quindi temi molto forti come quello del suicidio o della morte di personaggi importanti nella storia, come Stair di cui abbiamo già detto ed Anthony. Il fatto che nel manga prima e nel romanzo poi si assista alla morte violenta di Anthony, è di nuovo prova che ci troviamo di fronte ad un altro aspetto in cui entra in gioco la differenza culturale tra Giappone ed occidente. La morte di Anthony colpisce in modo assoluto per la violenza con cui ci appare e perché accade davanti agli occhi di Candy e con lei davanti agli occhi delle giovanissime lettrici che prendono così diretta coscienza del fatto che la morte può cogliere anche persone della loro stessa età; ma mentre in Francia ci furono proteste da parte di genitori che si lamentavano del trauma inflitto ai loro figli e chiedevano a gran voce che si alludesse alla sopravvivenza di Anthony all’incidente, nulla di tutto ciò ha mai toccato il pubblico giapponese poiché per loro era normale accettare la morte come parte integrante della vita.
E’ importante capire come viene affrontato il tema della morte in quella cultura e il modo con cui viene elaborano il lutto. Pensiamo per esempio al fatto che Candy, come racconta nella lettera a Vincent Brown, si soffermi a parlare con il ritratto di Rosemary, questo modo di fare è tipico di una cultura in cui hanno l’abitudine di costruire santuari o altari all’interno delle abitazioni private con foto dei defunti, a cui accendere incensi e offrire frutta, parlando con loro. In Giappone esiste persino una festa, il festival estivo di Obon dove i giapponesi danno il benvenuto ai morti nel regno dei vivi, con speciali altari eretti per loro, con offerte di cibo, fuochi d’artificio e durante il quale si aprono le case agli antenati affinché si possa dialogare apertamente con loro, ed è da qui che trae origine l’importanza per Candy di dialogare con Rosemary.
5. La violenza nella storia di Candy
Che dire poi dei così detti gesti “violenti” di percuotere qualcuno presenti nella storia di Candy. L’atto dello schiaffeggiare qualcuno qui è funzionale a far riprendere il controllo di sé e quindi è volto ad aiutare, non è un atto fine a se stesso, una violenza gratuita.
Anthony preoccupato per la scomparsa di Candy reagisce con uno schiaffo davanti alla risposta non curante di lei ma Candy stessa comprende che è la preoccupazione a far reagire Anthony in quel modo ed è per questa ragione che non se ne dispiace, non perché, come qualcuno potrebbe pensare, sia una masochista.
Candy colpisce Patty per farla ritornare in sé quando Patty tenta il suicidio e lo fa “per il suo bene” non perché Candy abbia modi maneschi.
Per quanto riguarda invece lo schiaffo di Terry, esso è frutto solo di immaturità e come tale va visto non come comportamento abusivo, come qualcuno lo ha definito, ad ogni modo nessuno di questi gesti presenti nel romanzo è stato erroneamente interpretato dal pubblico giapponese, o sicuramente non tanto quanto è invece successo in occidente dove il pubblico si è spesso stupito ed indignato, di fronte a quegli schiaffi, sempre per via delle diverse influenze culturali, che non dovrebbero mai essere sottovalutate.
6. La Lettera di Terry
Prendiamo poi la lettera di Terry a Candy, il cui incipit, quello che c’è veramente scritto nell’originale “Candy, sei cambiata?” sottintende che è passato poco tempo dall’ultima volta in cui Candy e Terry si sono visti. La lettera è molto breve e succinta il che può essere rivelatore della personalità dello scrivente ma in sé denota per tono e sfumature come Terry veda in realtà Candy, in modo intimo e quindi è assai improbabili che vi siano stati in mezzo anni tra l’ultima volta in cui si sono incontrati e il momento in cui Terry scrive la lettera. Anche in questo caso leggere ignorando il contesto, che traspare dalle parole e dai toni (nuances) può essere fuorviante.
7. L’adozione
L’adozione di Candy da parte del prozio William Ardlay è stata molto spesso oggetto di contestazione da parte di una certa fandom, perché il prozio nel proseguo della storia, si rivelerà essere quel William Albert che Candy aveva conosciuto come Principe della Collina, suo primissimo amore e come Albert, l’amico vagabondo che l’aveva salvata da una cascata e che, a sua volta, era stato salvato da lei, convivendo insieme durante il lungo periodo di amnesia di Albert. Insomma, colui di cui poi Candy si innamorerà, il terzo amore voluto dal destino, ma questo fatto, che il loro legame fosse cioè iniziato in forza di una adozione, ha sempre rappresentato per alcuni un ostacolo alla possibilità di un sentimento amoroso tra loro, essendo visto da molti come motivo di scandalo, per non dire di ribrezzo. Albert tacciato di pedofilia, di avere concupito la propria figlia adottiva, il tutto come se il rapporto tra loro, inficiato in pratica da una questione legale, non potesse mai sperare di essere sanato.
In verità l’adozione di Candy non è, come abbiamo già detto in un precedente articolo, un’adozione in senso classico, come quella che conosciamo essere regolata dal nostro ordinamento giuridico, molto simile, peraltro, a quello di tanti altri paesi occidentali, in cui in genere ad adottare un minore è una coppia e di età sufficiente, se rapportata a quella del bambino adottato, da poterne essere veramente i genitori. In questa atipica adozione invece non abbiamo nulla di tutto ciò. In FS, Albert stesso, in una lettera a Candy, osserva che pur essendo un giovane scapolo si ritrova ad avere “una figlia” di soli undici anni più giovane di lui. Il tipo di adozione che il ventiquattrenne Albert mette in atto per accogliere la tredicenne Candy nella famiglia, darle un cognome e tutti i vantaggi e la protezione che quel nome le può assicurare assomiglia infatti, per molti versi, alla adozione a scopo di successione che in genere in Giappone è piuttosto comune soprattutto quando si tratta di grandi patrimoni e di aziende importanti in cui manchi un erede maschio a portare avanti il business di famiglia. Ora, chiaramente, in quelle adozioni non si adotta una persona per darle un padre, una famiglia in senso affettivo, ma per avere qualcuno che porti avanti il nome e l’attività e molto spesso si tratta di un giovane uomo che per matrimonio combinato, sposa proprio all’interno della medesima famiglia, si chiama "Muko Yoshi", letteralmente "sposo adottato". Non dico si tratti esattamente della stessa cosa, certo, Candy è una ragazza e non spetterà a lei portare avanti il cognome di famiglia, non è questa la motivazione dietro al gesto del capo degli Ardlay, ma in un certo senso il motivo e la modalità dell’adozione di Candy ha molto più in comune con questo istituto di quanto non l’abbia con l’adozione in senso classico, ed è sicuramente plasmata invece sul principio del buon samaritano cioè offrire rifugio e protezione ad una persona priva di mezzi. Ricordiamo però che in Giappone la discendenza di sangue è tutto, per cui se non sei un consanguineo non sarai mai visto né considerato un vero figlio.
8. I fili invisibili
E veniamo ora ad una tematica altamente indicativa del fatto che ci troviamo davanti ad un romanzo giapponese ossia il tema dei fili invisibili o i fili del destino, il concetto di predestinazione.
Miss Pony racconta a Candy di questi fili e dice che sono infiniti e che finché non si spezzano non si deve mai perdere la speranza. Il tema del filo rosso del destino che, legato al dito mignolo di due persone predestinate le tiene unite per sempre, indissolubilmente, si ripresenta ripetutamente per tutta la storia e riguarda per esempio il rapporto di tra Anthony e Candy, dove Anthony dice di sentire quel legame, quel filo che lo unisce a Candy, un filo però che purtroppo si spezzerà con la morte del ragazzo e per questo motivo, poiché Candy non è predestinata a lui ma lui lo è a lei, Candy non avvertirà quel legame speciale.
Naturalmente è un tema che torna poi rispetto ad Albert il quale sente il legame con Candy, avverte la presenza di questo filo invisibile come pure Candy lo sente per lui, non per niente è lui l’amore del destino di Candy.
Candy dice rispetto ad Albert: "La sola sua presenza bastava inspiegabilmente a tranquillizzarmi. Ora riesco a comprendere il significato di quel legame invisibile che ci univa."
E Albert rispetto a Candy: "Il fatto che ci siamo incontrati così per caso però mi fa pensare a quel filo misterioso che ci unisce e di cui mi parli sempre.”
Ma il fato non solo unisce a volte separa ed è esattamente ciò che succede tra Candy e Terry. Non a caso tra loro non si parla mai dei fili del destino.
Comunque sia, è indubbio che ci troviamo davanti a riferimenti ed allusioni propriamente orientali.
9. La ricerca della felicità dell’altro
Concludo, con un altro aspetto da cui non possiamo prescindere parlando di un romanzo giapponese poiché sovente, in quella letteratura, così come nei manga ricorre il concetto di “ricerca della felicità della persona amata”, come prova dei propri sentimenti per lei. In realtà questo aspetto si riallaccia in parte a ciò che si è detto in precedenza proprio parlando della parola amore nella storia di Candy. In FS ci accorgiamo che non solo Candy cerca la propria felicità ma che tutti coloro che le vogliono bene si augurano che lei possa trovarla, tuttavia Albert, lungo tutta la storia, agisce e si prodiga affinché Candy possa essere felice, questo è molto importante nella ricerca delle radici giapponesi della storia perché ne fa parte, siamo nell’ottica dell’amore altruista, dell’amore per l’altro che viene prima del sé.
Albert non dice a Candy ti amo ma si prodiga per lei nel quotidiano, ripara oggetti per lei, le prepara i pasti, veglia su di lei, le prova di amarla prendendo a cuore la sua felicità, anche questo dimostra nuovamente che la parola amore in sé non ha poi tutta questa importanza nella cultura giapponese, ma che il senso dell’amare può essere espresso alludendo a concetti quali la gratitudine e la felicità, in grado di far comprendere all’altra persona quanto sia profondo il sentimento che li lega.
FS, ultima Lettera di Albert a Candy:
“…Hai fatto tutto questo per un uomo che ti è stato d’aiuto solo una volta nella vita. Le parole non riusciranno mai ad esprimere la mia gratitudine nei tuoi confronti. Anche in futuro, voglio fare in modo che tu riesca a trovare la felicità.”
Ringraziamento:
Un ringraziamento speciale va a Sweet Poupee il cui aiuto prezioso è servito a far luce sui numerosi richiami culturali giapponesi presenti nella storia di Candy.
Immagine: Candy Candy Final Story di Keiko Nagita ed. Shodensha 2010
Riferimenti bibliografici:
https://nipponrama.com/it/ti-amo-giapponese/
https://thelanguagequest.com/soul-in-japanese/
https://www.aibi.it/ita/giappone-ladozione-e-il-nuovo-business-delle-grandi-aziende/
https://asianminato.com/japans-high-context-culture-why-japanese-dont-say-no-in-their-language
https://www.linkiesta.it/2020/10/ikigai-giappone-amore-occidente/
https://finalstorycandycandy.com
https://www.tokyoweekender.com/2020/08/obon-japan-festival-of-the-dead/